PEDAGOGIA

 VERSO LA SOCIETA' ALFABETA 

L'EDUCAZIONE E LA MODERNITA' BORGHESE  


Durante il XIX secolo maturò il complesso processo che portò alla nascita della società alfabeta, ovvero una società in cui viene ritenuta indispensabile la padronanza dei fondamentali elementi del sapere: leggere, scrivere e far di conto. L'espressione "modernità" cominciò ad essere impiegata per sottolineare valori come la superiorità della civiltà industriale, la fiducia nel progresso, il principio della libera concorrenza, la visione laica dell'esistenza e il valore della razionalità. Bisognava dare vita ad una società nuova i cui valori erano totalmente deposti nelle mani degli uomini. Il mondo dell'educazione fu presto coinvolto nella realizzazione della nuova società. I sostenitori della modernità credevano che tramite la generalizzazione della scuola i bambini sarebbero diventati degli adulti all'altezza dei tempi, quindi il  modello di vita borghese era considerato come un esempio che doveva essere esteso anche ai ceti poveri. Vi era quindi una forte fiducia nell'educazione

LA QUESTIONE DEL METODO: JOHANN FRIEDRICH HERBART 


Herbart può essere considerato come il primo pedagogista nel senso moderno dell'espressione. Egli era ispirato dalla lettura di Kant, Pestalozzi e dalla sua personale esperienza come precettore in svizzera, presso la famiglia von Steiger. Egli concepiva la pedagogia come un sapere dotato di una propria specificità, che fa riferimento sia alla filosofia morale sia alla psicologia. Ritiene che il fine dell'educazione sia la moralità personale che consiste nella formazione del carattere e nel conseguimento della vitrù (evidente riferimento a Kant); per quanto riguarda la psicologia invece, considerava la conoscenza umana come un processo che regola il flusso continuo di rappresentazioni che possono varcare o meno la soglia della coscienza con maggiore o minore chiarezza/distinzione. Il corretto processo di apprendimento intellettuale e morale, consiste nella promozione ben concatenata e graduale di rappresentazioni che devono trasferire nel soggetto conoscenza e moralità. Questo processo è designato da Herbart con l'espressione "istruzione educativa". 

Il suo metodo educativo consta di un impianto generale e di una didattica specifica. Per quanto riguarda il primo punto, egli individua 3 condizioni operative:

  1. il governo; 
  2. la disciplina o cultura morale;
  3. l'istruzione.
Il punto di partenza è un ambiente ben organizzato in cui i fanciulli sono sempre occupati e assistiti sia sul piano intellettuale che su quello fisico, venendo corretti quando sbagliano in modo da far capire loro che esiste un'autorità che li sovrasta, la quale deve farsi però più amare che temere. In secondo luogo bisogna dare un ordine etico, tramite l'impiego ben moderato di premi e castighi. L'istruzione educativa poi consiste nel creare la moralità tramite l'esercizio intellettuale. Infine, l'impianto metodologico herbartiano, prevede una serie di dettagliate prescrizioni didattiche destinate agli insegnanti e ordinate intorno a 4 principi
  1. la chiarezza;
  2. l'associazione;
  3. l'ordine sistematico;
  4. il metodo. 
L'insegnante deve rendere chiare e distinte le idee dell'allievo, per favorire l'ordine delle rappresentazioni mentali. La chiarezza dell'insegnamento si compie quando il programma è articolato sulla base di una sequenza di contenuti, graduata secondo l'età del fanciullo. La programmazione di lezioni concatenate è fondamentale per la riuscita dell'insegnamento. In seguito alla chiarezza l'insegnante deve favorire il processo di associazione ovvero di ampliamento del sapere dell'alunno, tramite esercizi. La fase seguente riguarda i processi di astrazione e di generalizzazione che consentono di arrivare al livello successivo di conoscenza, ossia il metodo. 

IL MUTUO INSEGNAMENTO

Negli anni in cui Herbart elaborava la sua pedagogia, si diffuse il metodo del "mutuo insegnamento" predisposto per rispondere alla necessità di scuola espressa dai ceti popolari. Esso nasce da Andrew Bell e Joseph Lancaster che ebbero la stessa intuizione di avvalersi degli allievi già alfabetizzati per aiutare i principianti. Il bisogno di avere un metodo rapido ed economico di istruzione contribuì a diffondere l'impiego del metodo in tutta l'Inghilterra e di lì a poco anche in Europa. 
Nelle scuole mutue, l'insegnamento era limitato alla lettura, alla scrittura e al calcolo e per le bambine anche al cucito. Le lezioni erano impartite in un unico stanzone con dei grandi tavoli dove si raccoglievano piccoli gruppi guidati dai monitori, ovvero gli assistenti i quali imparavano dall'unico maestro che sovraintendeva. Nella classe vi erano grandi cartelloni con la rappresentazione dell'alfabeto e delle operazioni aritmetiche e i gruppi di allievi passavano da un cartellone all'altro in base al livello di preparazione. I promotori di questa educazione furono i liberali progressisti che ritenevano questo metodo efficace per combattere il diffuso analfabetismo e per migliorare le condizioni di vita dei ceti popolari. L'apprendimento si configurava come una specie di catena di montaggio tramite la quale si produceva un sapere semplice principalmente a base mnemonica. 

ARISTIDE GABELLI E LA "LEZIONE DI COSE"

Gabelli predispose una via intermedia tra il metodo di insegnamento herbartiano e quello empirico, mnemonico e retorico ancora praticato dalla maggioranza dei maestri italiani. Egli scrisse "il metodo d'insegnamento nelle scuole elementari d'Italia" che spiega le finalità e le metodologie della scuola elementare, obbligatoria per almeno 3 anni a cui però potevano accedere soltanto due bambini su tre. Il suo metodo svolgeva un'approfondita riflessione sulla natura della scuola elementare, sulle sue finalità e sui compiti dei maestri. Egli partì dalla domanda "a che cosa serve la scuola se dopo poco tempo le nozioni apprese vengono dimenticate?" a cui diede una risposta semplice: l'efficacia della scuola è proporzionata alla capacità dei maestri di essere aderenti alle esperienze infantili. Auspicava dunque ad un metodo intuitivo che produceva un individuo capace di pensare con la propria testa. Il maestro deve stare alla larga dall'istruzione parolaia e dogmatica, ovvero incentrata nell'assenza dei legami tra le "cose" e anche dall'eccesso di fantasia e dal solo impiego della memoria. Rispetto al metodo herbartiano, quello di Gabelli era più attento alla natura della psicologia infantile, infatti in Gabelli è presente una sensibilità pedagogica più attenta alle dinamiche infantili.

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